La definizione di TERAPIA MANUALE ORTOPEDICA viene data dall’ IFOMPT ovvero l’ International Federation of Orthopaedic Manipulative Physical Therapist.
E’ una specializzazione della fisioterapia per il trattamento delle patologie neuro-muscolo-scheletriche, basata sul ragionamento clinico, che utilizza approcci di trattamento altamente specifici, i quali includono le tecniche manuali e gli esercizi terapeutici.
Si avvale di una valutazione delle funzioni dell’apparato locomotore quali: sintomi, alterazioni della mobilità e cambiamenti tissutali.
Gli obiettivi principali di tale branca della fisioterapia sono quelli di ridurre e/o alleviare il dolore migliorando le capacità funzionali del paziente, stabilizzare una eventuale ipermobilità (es nell’articolazione della spalla) o mobilizzare una ipomobilità (es. coxartrosi), riallenare/riattivare un paziente allettato o che necessita di una rieducazione allo sforzo.
TERAPIA MANUALE E MASSAGGIO … SONO LA STESSA COSA?
Assolutamente no!
La terapia manuale infatti differisce dal massaggio in quanto è un metodo di esame e di trattamento fisioterapico dell’intero apparato locomotore, che consiste in una osservazione e valutazione funzionale (dopo un ragionamento clinico) e successivamente in un trattamento strutturato eseguito anche manualmente, quindi attraverso l’applicazione diretta di forze da parte del fisioterapista sugli apparati che compongono la funzione motoria.
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Nelle mie esplorazioni e specializzazioni nel mondo del benessere olistico, ho scoperto l’Approccio Trager: è stato “amore a prima vista”!
Ho quindi intrapreso un percorso di formazione presso la sede di Mestre della scuola Trager per poter integrare anche questa disciplina ai servizi che offro ed alle metodologie che integro per personalizzare ogni trattamento, ogni massaggio, alle esigenze della persona che ho davanti.
Questa tecnica mi ha colpita e mi sta dando grandissime soddisfazioni (a me, ma anche ai miei utenti!) perchè con piccoli e leggeri movimenti e con una stretta collaborazione tra operatore e chi riceve il massaggio, si possono ottenere risultati molto intensi in poco tempo.
L’obiettivo del Metodo Trager è quello di far raggiungere lo stato chiamato “Hook-up” e cioè un ascolto consapevole del proprio corpo, uno stato di rilassamento simile a quello meditativo.
Chi ha già provato questo “massaggio” mi dice che sembra di trovarsi sopra una nuvola!
Se anche voi volete provare su voi stessi questo trattamento, scoprire quali benefici può darvi ed imparare a rilassarvi in modo guidato e consapevole…contattate lo studio per fissare un appuntamento!
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Ogni anno dall’1 al 7 ottobre, in occasione della Settimana dell’Allattamento Materno, vari enti e figure professionali sensibilizzano la popolazione generale sul tema dell’allattamento materno, cercando di sostenerlo e promuoverlo in quanto fattore molto importante per la salute a breve e lungo termine di mamma e bimbo. Data l’importanza che noi rivolgiamo all’allattamento, ho deciso di parlarne anche oggi, con un approfondimento in merito!
Allattare è un gesto straordinariamente normale ed istintuale ma a volte, soprattutto all’inizio, ci possono essere delle difficoltà che possono però essere superate col supporto e una buona preparazione pre-natale.
Cosa si intende per preparazione pre-natale? Non mi riferisco certo al retaggio del passato, che prevedeva l’uso del guanto di crine per preparare il capezzolo in modo che creasse il cosiddetto “callo”: pratica assolutamente scorretta e da evitare.
Prepararsi all’allattamento in gravidanza può significare ad esempio massaggiare il seno con lo stesso olio che si usa per massaggiare e idratare il pancione, con il semplice obiettivo di entrare in contatto con questa parte del corpo per darle importanza e conoscerla, dato che accompagnerà il bimbo e la sua crescita non solo ponderale, ma anche cognitiva per mesi o anni.
Un altro modo per prepararsi all’allattamento già dalla gravidanza è informandosi.
La generazione delle donne che sono o stanno per diventare madri oggi, ha alle spalle una generazione di donne che non ha allattato o l’ha fatto per poco tempo perché divenuta madre in un periodo di boom del latte in formula.
Oggigiorno, complice anche una mutata sensibilità ed un evolversi degli studi, le mamme sono più propense all’allattamento al seno in quanto consapevoli della sua efficacia in termini di salute. Tuttavia non riescono a trovare nelle loro mamme un valido supporto, dato che queste ultime non l’hanno sperimentato in prima persona. Inoltre quando ricevono consigli, questi si basano spesso su un modello di allattamento con latte artificiale risalente agli anni ’70-’80, che le spinge a proporre il seno con: frequenza cadenzata (il famoso “allatta ogni 3 ore”), durata prestabilita della poppata (“15 minuti per seno e non di più”) e molti altri miti ormai sfatati alla luce delle nuove conoscenze.
Ecco quindi l’importanza, durante il corso di preparazione alla nascita, di raccogliere informazioni sia sulla pratica dell’allattamento al seno, sia su come favorire una buona nascita: ovvero rispettosa dei tempi e dei bisogni di mamma e bimbo. Spesso infatti, allattamenti difficoltosi hanno alle spalle dei parti molto medicalizzati o con molte interferenze esterne.
Gravidanza parto e dopoparto non sono momenti scollegati, ma sono uno la diretta conseguenza dell’altro.
Prendersi cura della propria gravidanza muovendosi, dedicando tempo a sè stesse e al proprio bimbo e informandosi, permette di poter fare delle scelte e affrontare nel migliore dei modi l’esperienza del parto. Una buona nascita, che non per forza coincide con una nascita in cui tutto è filato liscio, è un’esperienza in cui la mamma e il papà si sono sentiti protagonisti e hanno potuto fare delle scelte che hanno posto le basi per un buon avvio della vita della nuova famiglia!
Il linguaggio è una delle funzioni proprie dell’essere umano, fondamentale nello sviluppo evolutivo del bambino. È tramite infatti il linguaggio che il bambino riesce a comunicare, ad interagire con l’ambiente che lo circonda, condividere e costruire conoscenze.
L’acquisizione di quest’abilità non è altro che un percorso personale e unico per ogni bambino, che parte già dai primissimi mesi e tramite scoperte e piccoli passi si affina sempre di più, fino ad arrivare all’emergere delle prime attesissime parole.
Ma quali sono questi passi, che ci possono aiutare a capire se il nostro bambino sta seguendo le tappe di un corretto sviluppo linguistico?
0-2 mesi PIANTO
La prima forma con cui il bambino manifesta i propri bisogni e i propri disagi, già dai primissimi attimi di vita.
2- 6 mesi VOCALIZZAZIONI
Compaiono le prime vocali prolungate e in un secondo momento dei suoni consonantici più variati e simili alla propria lingua. Dai 4-5 mesi iniziano anche le prime PROTO-CONVERSAZIONI, mamma e papà alternandosi alle vocalizzazioni del bambino ne attribuiscono un significato ed un senso e il bambino a sua volta inizia ad inserirsi tra i turni verbali di chi gli parla.
6-10 mesi LALLAZIONE CANONICA
Il bambino produce sillabe ripetute con la stessa sequenza consonante-vocale ma-ma-ma, pa-pa-pa, bu-bu
10-12 mesi LALLAZIONE VARIATA E PROTOPAROLE
Il bambino produce sillabe ripetute con consonante o vocale diversa e con struttura sillabica più complessa (ba-ma-la, ma-ma-pa). Iniziano a comparire le prime sequenze di suoni utilizzati intenzionalmente per comunicare qualcosa ma non ancora considerati vere e proprie parole (am am per mangiare, Muuu alla vista di una mucca)
12/13 mesi PRIME PAROLE
Comparsa di stringhe di suoni che il bambino produce in maniera stabile e associate a significati precisi. Inizialmente le prime parole saranno legate a persone, oggetti e attività familiari.Vocabolario da 0 a 10 parole stabili
18-24 mesi: ESPLOSIONE DEL VOCABOLARIO
Considerevole aumento della velocità con cui il bambino acquisisce nuove parole: si parla di circa 9 parole al giorno per un totale di quasi 50 parole nuove alla settimana. Vocabolario dalle 100 a 400 parole
dai 24 mesi: PRIME COMBINAZIONI
Il bambino inizia a combinare più parole assieme, senza ancora l’uso di articoli o flessioni verbali. COMPARE LA PRIMA FORMA DI FRASE: mamma più (mamma non ne voglio più), papà nana (papà voglio la banana), più papà (il papà è appena uscito)
Prerequisiti del linguaggio verbale
“La comunicazione comincia nella prima infanzia, molto prima che il bambino sia capace di pronunciare le sue prime parole” (Bortolini, Basso, 2017)
Spesso quando si pensa al linguaggio, si è subito portati a pensare alla mera produzione delle parole o delle frasi del proprio bambino, senza accorgersi che il linguaggio in realtà è strettamente collegato ad altri fattori fondamentali sia cognitivi che emotivi.
Sto parlando dei PREREQUISITI DEL LINGUAGGIO: le fondamenta per uno sviluppo linguistico stabile e armonioso.
Andiamo a scoprire assieme quali sono queste abilità:
Contatto visivo:
Dai 3 mesi emerge la capacità di agganciare e mantenere lo sguardo verso il volto dell’adulto durante l’interazione.
Alternanza del turno:
Il bambino grazie alle proto-conversazioni impara che i dialoghi sono formati da ruoli ed inizia ad alternarsi ai turni dei genitori
Intenzionalità comunicativa:
Ovvero l’essere consapevoli che il proprio comportamento ha un valore comunicativo e che può essere usato per influenzare gli altri. Stabile dai 9 mesi
Attenzione condivisa:
La capacità di guardare e condividere con un adulto l’interesse verso qualcosa di interessante, che sia un oggetto, un’altra persona o un evento. Compare dai 10 mesi
Imitazione:
Il bambino è capace di prendere l’adulto come modello e di imitarne la mimica, le espressioni, i gesti e anche la produzione di suoni e parole
Uso dei gesti comunicativi:
I GESTI PRECEDONO LE PAROLE! Dai 9 mesi il bambino inizia ad utilizzare il gesto dell’indicare per richiedere o mostrare qualcosa a lui interessante, poi intorno agli 11-12 mesi compariranno nuovi gesti definiti referenziali come: ciao ciao con la manina, muovere le mani per significare “uccello” o portarsi un ditino alla guancia per “buono”
Uso appropriato degli oggetti e gioco simbolico:
Inizialmente dai 12-24 mesi il bambino impara ad utilizzare i vari oggetti con la loro funzione. Via via il gioco simbolico diventa sempre più ricco ed articolato e il bambino comincia ad utilizzare oggetti con la funzione di altri oggetti (fare finta che la scopa sia un cavallo o che un sasso sia un telefono…)
A cosa fare attenzione?
Il bambino non piange, non compare il sorriso sociale
Sembra non reagire ai suoni e sembra poco interessato al linguaggio o ai volti di chi lo circonda
6-10 mesi assenza di lallazione
11-14 mesi assenza o scarso utilizzo dei gesti comunicativi: indicare, chiedere, mostrare
18 mesi: vocabolario di meno di 20 parole stabili
24 mesi: vocabolario di meno di 50 parole
Oltre i 24 mesi: assenza delle prime combinazioni di parole, assenza o scarsa presenza del gioco simbolico, difficoltà nella comprensione di ordini semplici
Tutti questi sono campanelli d’allarme, che se ignorati o sottovalutati possono determinare l’insorgere di ritardi e difficoltà nell’acquisizione delle abilità comunicative-linguistiche.
In presenza di uno o più di questi segnali vi consigliamo di intervenire precocemente, rivolgendovi a noi, così da chiarire il prima possibile dubbi e paure e ricevere preziose strategie per affrontare la situazione con serenità e nel migliore dei modi!
Si dice che essere genitore sia il mestiere più difficile nonostante quello forse più naturale, collegato alla nostra parte procreativa e animale. Nonostante ciò, risente delle condizioni storico-sociali-culturali di contesto nelle quali siamo immersi fatte di regole, valori, abitudini, ecc. che possono entrare nelle nostre famiglie sotto forma di aspettative e pressioni sociali.
Inoltre l’essere genitori ha a che fare con la propria storia di figli, dove ognuno rivive modificandolo, il modello genitoriale ricevuto, adattandolo a se stesso e al proprio figlio in un modo unico ma non sempre prevedibile a priori, che per questo può destare disorientamento o frustrazione nel vissuto del genitore. Spesso si tende ad una sorta di equilibrio e di controllo, che poi irrimediabilmente il figlio ha la capacità di destabilizzare, lasciandoci disarmati.
Ecco allora alcune delle molte domande che un genitore si può fare nel rapporto con un figlio: Sto facendo la cosa giusta? Perché non riesco a farmi ascoltare? Come mai per gli altri sembra tutto più facile? Non capisco mio figlio quando si comporta così .. Sta bene? Sta male?
La crescita di un figlio comporta continui cambiamenti che richiedono la conquista di sempre nuovi equilibri da parte di tutta la famiglia. Ogni figlio è “unico” e quindi anche il genitore deve essere “unico” nel rapporto con lui/lei.
Non esiste una ricetta preconfezionata o perfetta, ma esiste un rapporto in continua evoluzione. Pertanto anche un genitore può sentire il bisogno di un consiglio e di un confronto con qualcuno di esperto che possa non solo rassicurarlo ma anche essere in grado di dargli una chiave di lettura nuova su quello che sta succedendo a casa, a scuola, nella relazione genitore-figlio.
Per prenderti cura di questo rapporto speciale, anche nei momenti in cui ci sentiamo più messi alla prova, puoi contattare lo Studio chiedendo un colloquio di sostegno alla genitorialità: ci prenderemo il tempo per parlarne insieme!
Le persone che iniziano una psicoterapia, spesso chiedono di “poter essere di nuovo felici”. Tutti noi la ricerchiamo e la desideriamo, ma che cos’è la felicità? Una prospettiva, la più comune, considera la felicità come l’eliminazione della sofferenza e il conseguimento di un senso di piacere e gratificazione. Ma la felicità, come qualsiasi emozione, non dura per sempre. Seguire insistentemente una emozione positiva come la felicità porta, come spesso accade, a una profonda insoddisfazione.
L’altro significato, forse meno comune, implica il “vivere una vita ricca, piena e significativa”, agendo in nome di ciò che per noi veramente conta. Vivere pienamente la vita significa provare l’intera gamma delle emozioni umane, comprese quelle più dolorose come la tristezza, la paura, la rabbia, ecc. Non possiamo evitarle, ma possiamo imparare ad affrontarle al meglio.
Inoltre, secondo la prospettiva della Psicologia Positiva, l’individuo ha maggiori possibilità di sentirsi bene soggettivamente se si impegna a seguire i propri valori. Da questo punto di vista, il benessere soggettivo è collegato all’impegno e alla capacità di coltivare sé stessi secondo sei fondamentali dimensioni: l’autonomia, la crescita personale, le relazioni interpersonali positive, il controllo degli eventi, l’accettazione di sé, il perseguimento di scopi significativi.
Come sostenuto dalla Dr.ssa Pertighe (docente della Scuola di Psicoterapia Cognitiva) “la trappola è nella ricerca dello stato emotivo felicità, nel voler essere felici e criticarsi se non lo si è. Non c’è trappola se ci si impegna a vivere secondo i propri valori morali; la felicità non è cercata ma ne consegue, intesa non come gioia/eccitazione ma come emozione coerente con mi sento a posto, sono soddisfatto di me”.
Quindi cosa significa iniziare un percorso di psicoterapia?
Non solo il trattamento dei disturbi psicologici per alleviare le sofferenze emotive ma anche il sostegno della persona nel focalizzare i propri obiettivi di vita e valori e nell’impegnarsi a perseguirli.
Se vuoi sapere come posso aiutare anche te, nel raggiungere questi traguardi e nell’ottenere la tua felicità…non esitare a contattare la segreteria dello Studio!
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