Sta finendo l’estate e l’arrivo dell’autunno porta con sé anche la ripresa scolastica, momento atteso ma anche temuto da molti bambini e ragazzi. Purtroppo un numero fin troppo elevato di bambini che conosco detesta la scuola, per alcuni rappresenta addirittura una sorta di prigione!
Perché la scuola può fare paura?
La scuola è un contesto sociale molto importante ma non sempre facile per i bambini, che si trovano a confrontarsi con il gruppo dei coetanei all’interno di alcune regole e aspettative sociali che inevitabilmente possono risultare incomprensibili o frustranti. Allo stesso tempo la scuola è una splendida palestra di vita! Lì il bambino sperimenta, conosce, cresce, lasciando man mano la dimensione protetta della famiglia per esplorare il mondo al di fuori di essa. In questo delicato passaggio evolutivo è di fondamentale importanza il ruolo dell’insegnante in quanto adulto che stimola, incuriosisce, propone nuove idee e nuove attività. L’età scolare si contraddistingue proprio per l’investimento intellettivo e la laboriosità che coinvolge il bambino. Non di rado infatti si possono osservare gruppetti di bambini/ragazzini che parlano tra loro animatamente intenti a pianificare l’attività del pomeriggio, che sia fisicamente insieme o anche virtualmente collegati on line. Se debitamente controllata dall’adulto infatti, anche la vita online (i videogiochi) può rappresentare un momento di condivisione e di relazione tra coetanei.
Cosa osservare nel bambino?
Se è normale nei primi giorni il bisogno di avere la mamma vicino, qualche difficoltà nell’addormentamento o un minor appetito, questi segnali devono invece destare dei sospetti se si protraggono nel tempo o se si manifestano improvvisamente nel corso dell’anno scolastico. Per capire se sintomi come nausea, mal di pancia, mal di testa, difficoltà nell’addormentamento o sonno interrotto sono di natura fisica o psicologica bisogna osservare la loro frequenza e ricorsività. In particolare bisogna prestare attenzione ai momenti d’insorgenza nella settimana/giornata (es. se la domenica sera o il lunedì mattina), se compaiono anche quando il bambino è impegnato in attività piacevoli (es. il gioco), se passano con la vicinanza del genitore (es. addormentamento insieme). I sintomi somatici che coinvolgono l’alimentazione o il sonno sono espressione tipica di alcuni stati emotivi quali l’ansia e la paura, e solitamente sono transitori (meno di un mese) andando man mano diradandosi. Diversamente invece, se questi disturbi non passano, è opportuno fare una visita col pediatra di famiglia per valutare lo stato di salute generale.
Altre volte, purtroppo, questi primi segnali di malessere si trasformano in comportamenti di rifiuto scolastico vero e proprio, dove il bambino inizia ad innervosirsi nel fare i compiti, si fa venire a prendere ripetutamente dai genitori durante l’orario scolastico fino ad opporsi di entrare a scuola la mattina. Queste situazioni che vanno progressivamente aggravandosi, devono essere sottoposte quanto prima ad un consulto psicologico specialistico per evitare che possano cronicizzarsi rischiando di compromettere la frequenza scolastica.
Come capire dov’è il problema?
All’interno del contesto scolastico le situazioni scatenanti possono variare molto: dal cambiamento di un insegnante ad un litigio con un compagno fino ad arrivare a situazioni più gravi come atti di bullismo e prevaricazione. Non è sempre facile sapere dai diretti interessati cosa provoca loro ansia e paura, a volte perché troppo piccoli per riuscire a raccontarlo altre volte perché bloccati dalla paura stessa o dal timore di ricevere il rimprovero del genitore se per esempio è successo un litigio a scuola dove anche loro sono stati coinvolti. E’ importante allora parlare con le maestre raccontando cosa si è osservato a casa e capendo se anche loro a scuola hanno notato un atteggiamento diverso nel bambino. Creare e alimentare un dialogo costante e una stretta collaborazione con gli insegnati è un primo elemento protettivo rispetto alle situazioni di disagio scolastico e relazionale.
Cosa può fare il genitore?
Innanzitutto non serve rimproverare il bambino: il mal di pancia o gli incubi non sono capricci ma piuttosto espressione di uno stato di stress emotivo. Quel che il genitore può fare è ascoltare e capire. Se il bambino col suo comportamento sta chiedendo maggior tempo con noi per essere rassicurato o per fare con più calma la colazione, vuole dire che ciò gli serve in questo momento per affrontare la piccola battaglia di crescita che è in corso dentro di sè. A volte può aiutare prendersi un momento tranquillo genitore-figlio dove parlare del malessere in corso cercando insieme delle strategie per affrontarlo. Altre volte può essere utile creare col bambino una sorta di “amuleto protettivo”: un oggetto che insieme avete investito di “poteri magici”, dove il genitore abbia lì personificato la propria vicinanza e la propria stima. Questo oggetto potrà essere utile al bambino che, stringendolo, potrà sentire la forza e la sicurezza datagli dal rapporto di fiducia con mamma e papà.
Quello appena trascorso, è stato un anno e mezzo caratterizzato un po’ per tutti da incertezze e preoccupazioni, variazioni nello stile di vita, che spesso hanno portato a rinunce e hanno richiesto significativi adattamenti.
Ciò non ha coinvolto solo noi adulti, ma anche i bambini, che hanno dovuto affrontare periodi di isolamento, cambiamenti delle proprie routine, allontanamento dai pari e dall’ambiente scolastico, interruzione delle attività sportive, ecc. Oltretutto, nonostante l’impegno dei genitori per alleggerire la situazione, non sempre risulta semplice nella testa di un bambino comprendere perché avviene tutto ciò (non è semplice nemmeno per noi adulti, figuriamoci per i più piccoli!) e ciò aumenta il carico di ansia nel trovarsi di fronte all’ignoto, senza riuscire ad avere delle risposte chiare e la certezza di ciò che accadrà.
La pratica psicomotoria, proprio per le caratteristiche che la contraddistinguono, si rivela uno strumento efficace per accompagnare i bambini in questo periodo particolare e spesso complicato.
Innanzitutto durante gli incontri di psicomotricità i bambini hanno la possibilità di correre, saltare, fare capriole, sperimentare le proprie possibilità motorie a 360°. Sicuramente durante gli ultimi mesi, a causa delle restrizioni descritte in precedenza, si sono ridotte le possibilità di movimento per i bambini, con grande impatto sul loro sviluppo. Attraverso il movimento i bambini infatti scoprono sé stessi, le proprie capacità e i propri limiti, imparano a conoscere lo spazio che li circonda, fatto di alto-basso, vicino-lontano, dentro-fuori.
In secondo luogo, la pratica psicomotoria pone molta attenzione agli aspetti relazionali. Attraverso il gioco ed il movimento il bambino impara a confrontarsi con i pari, ad ascoltare, condividere, scontrarsi e risolvere i conflitti, affermare sé stesso ed accogliere l’altro. Sono competenze che i bambini apprendono sicuramente dai genitori nelle prime fasi di vita, ma che poi sviluppano e fanno proprie sperimentandole sul campo, vivendo il tempo di gioco libero tra bambini, provando sulla propria pelle fallimenti e conquiste. In un periodo in cui le relazioni interpersonali sono ristrette al minimo ecco che avere la possibilità di fare esperienza in un contesto che mette al centro proprio la persona è sicuramente un’esperienza arricchente per i bambini.
Infine l’importanza data alle emozioni. All’interno del contesto psicomotorio, il bambino ha la possibilità di esprimere i propri vissuti, mettere in gioco le proprie paure, affrontare i suoi fantasmi, in un contesto protetto, in cui il terapista, attraverso il gioco, lo guida nel vivere queste sensazioni, comprenderle e affrontarle al meglio. Non sempre i bambini hanno la capacità di esprimere verbalmente ciò che provano, ma spesso lo esternano nei loro giochi, attraverso l’invenzione di mostri o creature particolarmente spaventose o attraverso dinamiche di aggressività, che nascono un’insicurezza di base. Vivendo queste situazioni all’interno del gioco, con la guida del terapista, il bambino impara gradualmente a fare ordine anche dentro di sé.
Presso lo studio “Le Metamorfosi”, svolgiamo le attività nel pieno rispetto delle normative vigenti e adottando tutte le misure di sicurezza necessarie alla situazione, in modo che i bambini possano vivere un’esperienza di crescita in totale sicurezza.
Negli ultimi anni si sta diffondendo anche in Italia la pratica della riflessologia plantare, spesso però viene confusa con altre tecniche di massaggio o considerata una “semplice” manipolazione del piede eseguita da un qualsiasi operatore.
Voglio quindi fare un pò di chiarezza, sia in merito a quale sia la figura specializzata ed esperta a cui affidarsi per approcciare questo tipo di trattamento, sia rispetto a quali sono le sue origini storiche ed i benefici che apporta.
Ho dedicato una pagina di approfondimento a questo servizio per condividere con voi la filosofia alla base della “riflesso-logia”, descrivervi come avviene la valutazione ed inquadramento riflessologico (per stabilire gli obiettivi e le modalità trattamento), riassumervi i principali benefici e miglioramenti che ognuno di voi può ottenere grazie a questa tecnica di stimolazione.
Adulti, bambini, anziani, sedentari, sportivi, tutti possono giovare di una o più sedute di riflessologia plantare…provare per credere!
Visitate quindi la pagina dedicata al servizio e contattate lo Studio per fissare il vostro primo appuntamento!