Nell’immaginario collettivo l’ostetrica è la professionista che “sta in sala parto e fa nascere i bambini”.
Nel mondo reale non è proprio così, innanzitutto perché i bimbi non li fanno nascere le ostetriche bensì le loro mamme, inoltre non la troviamo solo in sala parto.
L’ostetrica infatti è la figura professionale che lavora nell’ambito della fisiologia con l’obiettivo di sostenere la salute della donna durante tutta la vita (infanzia, pubertà, adolescenza, vita fertile, menopausa) valorizzando le risorse endogene (ovvero proprie della donna) ed esogene (presenti negli ambienti che la donna frequenta come ad es. quello familiare).
Ma quindi qual è il compito dell’ostetrica? L’ostetrica ascolta la storia e il vissuto della donna, può darle suggerimenti o indicazioni atti a sostenere o migliorare la sua salute, può dare informazioni in modo da permetterle di fare scelte consapevoli e sentirsi quindi protagonista del proprio percorso.
L’ambito in cui ho scelto di lavorare io come ostetrica, per ora, è quello della maternità (gravidanza e dopo parto) proponendo corsi di gruppo come quello di preparazione alla nascitae quello di movimento in gravidanza. Durante i vari incontri prediligo una modalità attivante in cui le persone che ho di fronte non ascoltino in modo passivo ma vengano coinvolte e rese partecipi.
Propongo inoltre consulenze individuali o di coppia durante tutta la gravidanza, della durata di circa un’ora e mezza. Durante la consulenza raccolgo e dò informazioni, compilo la cartella ostetrica, attraverso le mani entro in contatto e in ascolto dell’utero, della sua mobilità e consistenza ma anche conosco il bambino, la sua posizione, i suoi movimenti, ascolto il suo battito e valuto le competenze che acquisisce nel corso dei mesi. A seconda dei bisogni della donna posso anche proporre un massaggio, del movimento corporeo o nelle fasi finali della gravidanza, se la donna dà il suo consenso, posso eseguire una visita interna atta a valutare la mobilità ed elasticità del pavimento pelvico ed insegno il massaggio perineale. Inoltre, se un bimbo negli ultimi mesi di gravidanza è in presentazione podalica, posso fare alcune proposte alla donna, in modo da favorire il posizionamento cefalico: trattamento di moxibustione (più comunemente conosciuto col termine di MOXA) o alcuni movimenti o posizioni che la mamma può assumere per andare a portare equilibrio e spazio nel corpo. Le consulenze in gravidanza possono essere singole o a cadenza mensile a seconda delle esigenze della donna/coppia.
Nel dopo parto invece, il mio accompagnamento inizia dal momento del rientro a casa dopo la nascita e prosegue per tutti i primi mesi di vita del bambino. La consulenza in questo caso può essere svolta in studio o a domicilio a seconda delle esigenze. La durata dell’incontro è di circa due ore in cui ho modo di ascoltare la storia e il vissuto del parto, accogliere i dubbi o le domande insorti, controllare lo stato di salute di mamma e bimbo/a. Se la mamma ha scelto di allattare e sta incontrando delle difficoltà sono a sua disposizione per aiutarla a valutare il corretto posizionamento del bimbo al seno, riconoscere una poppata efficace o per darle qualche consiglio in merito alla problematica che sta riscontrando.
Se pensi che potrei esserti d’aiuto in una delle fasi della gravidanza o nel post parto, contatta lo studio per fissare una consulenza con me!
Quante volte ci capita o ci è capitato di essere stati messi a dura prova dal pianto del nostro bimbo.
Alla disperata ricerca del motivo per cui improvvisamente si è scatenata in lui questa reazione abbiamo probabilmente iniziato a muoverci in modo veloce e disorganizzato per cercare di rispondere in modi differenti a quello che abbiamo ipotizzato potesse essere il motivo del pianto, andando ad alimentare un crescendo di ansia ed agitazione anche in noi.
Dopo le prime settimane di vita in cui sembra tutto scorra liscio, spesso accade che arrivi un momento, che solitamente coincide con le prime ore serali, in cui il neonato inizia a piangere senza un apparente motivo e non si addormenta stremato fino ad un’ora non ben identificata della sera (quando ci va male anche notte). Poi, dorme sereno fino al mattino quando si sveglia e riprende i suoi sorrisi e gorgoglii come se nulla fosse accaduto. A volte capita che ciò si presenti in maniera cadenzata ogni giorno allo scoccare dell’ora X e tu, mamma, inizi già dalle prime ore del pomeriggio a fare il conto alla rovescia per vedere quanto tempo ti separa da quel momento.
È allora che inizia il lungo elenco dei motivi che chi ti sta attorno attribuisce a quei momenti di pianto:
“Il tuo latte non è sufficiente o è poco sostanzioso” o “La produzione di latte cala la sera” ti dicono (chissà perché il nostro corpo è stato in grado di far crescere per nove mesi un bimbo, di partorirlo ma viene spesso messa in dubbio la sua capacità di alimentarlo come se madre natura non avesse pensato a tutto in maniera scrupolosa; certo, ci sono casi in cui una mamma può avere una scarsa produzione ma non sono molti e sono legati a particolari condizioni di salute). Spesso accade che in queste situazioni inizino ad essere introdotti nuovi alimenti o bevande come camomilla e latte artificiale ma nonostante ciò il bimbo non smette di piangere, a volte piange addirittura di più.
“La mamma è stressata e quindi stressa anche il bimbo” lo stato materno influenza il comportamento del proprio bimbo ma, se vediamo una mamma stanca anziché additarla, aiutiamola concretamente!
“Ha le coliche” o altre frasi che molto spesso lasciano intendere alla mamma che quasi sicuramente sta facendo qualcosa di sbagliato.
Cosa fare allora per affrontare al meglio questi momenti?
Assicurati che il tuo bimbo stia crescendo adeguatamente: controlla che bagni almeno 6 pannolini di pipì e ne sporchi almeno 1 di cacca al giorno. Se ciò non accade il motivo potrebbe essere legato alla gestione delle poppate o ad un attacco superficiale del bimbo al seno che non gli permette di assumere una buona quantità di latte; in questi casi chiedi aiuto ad un professionista che si occupi di allattamento, migliorare l’attacco al seno può cambiare il comportamento del bimbo.
Non forzare il bambino al seno se ti pare che in questi momenti non lo desideri, la poppata dev’essere associata ad un’esperienza piacevole.
Assicurati che il pannolino non sia sporco o che il bimbo non sia vestito troppo o troppo poco.
E dopo aver escluso tutto ciò: che si può fare ancora per affrontare le crisi di pianto?
Regalati durante la giornata dei momenti pelle a pelle col tuo bimbo o di massaggio
Abbassa gli stimoli visivi e uditivi (rumori forti, tv accesa…)
Dormi assieme al tuo bimbo o portalo in fascia
Chiedi a qualcuno della famiglia (papà o nonni) di darti il cambio a tenere il bimbo nelle ore critiche in modo da poterti concedere una pausa (magari una doccia calda)
Ascolta dei rumori bianchi o canta una canzone dolce magari che ti ricordi la tua infanzia o che ti faccia rivivere momenti positivi
Tieni il tuo bimbo vicino a te, saprà che il suo pianto e quindi i suoi bisogni vengono accolti e non ignorati
Insomma, tutto ciò che favorisce il rilassamento di mamma e bimbo è di grande beneficio.
E poi ricorda, il pianto è in primis una modalità di comunicazione, esprime un disagio ma non sempre alla sua origine c’è un ben preciso bisogno. Pensiamo a noi adulti: riusciamo sempre a dare un nome a ciò che proviamo e soprattutto a chiedere con precisione ciò di cui abbiamo bisogno per risolvere il problema?
Piangere è anche un modo di scaricare le tensioni di vario tipo, dopo averlo fatto a volte ci sentiamo più leggeri e sollevati. Ognuno di noi fin dalla vita intrauterina ha un proprio temperamento: c’è chi si sfoga piangendo, chi urlando, chi ancora chiudendosi in sè stesso; impareremo a conoscere giorno dopo giorno il carattere del nostro bimbo.
Prendiamo allora spunto da Tristezza che, nel meraviglioso film “Inside out”, non cerca di scacciare via le emozioni di Bing Bong ma le accoglie, abbracciandolo e rimanendo lì con lui.
“Ma come ci sei riuscita?” chiede Gioia
“Era triste e l’ho ascoltato!” risponde Tristezza
Durante i nostri corsi rivolti alle mamme nel dopo parto avrete la possibilità di ritagliarvi del tempo per voi e per il vostro bimbo, muovendovi, coccolandovi e anche confrontandovi con altre mamme o con l’ostetrica condividendo momenti felici ma anche cercando assieme di capire come affrontare quelli un po’ più difficili del percorso della maternità.
Ogni anno dall’1 al 7 ottobre, in occasione della Settimana dell’Allattamento Materno, vari enti e figure professionali sensibilizzano la popolazione generale sul tema dell’allattamento materno, cercando di sostenerlo e promuoverlo in quanto fattore molto importante per la salute a breve e lungo termine di mamma e bimbo. Data l’importanza che noi rivolgiamo all’allattamento, ho deciso di parlarne anche oggi, con un approfondimento in merito!
Allattare è un gesto straordinariamente normale ed istintuale ma a volte, soprattutto all’inizio, ci possono essere delle difficoltà che possono però essere superate col supporto e una buona preparazione pre-natale.
Cosa si intende per preparazione pre-natale? Non mi riferisco certo al retaggio del passato, che prevedeva l’uso del guanto di crine per preparare il capezzolo in modo che creasse il cosiddetto “callo”: pratica assolutamente scorretta e da evitare.
Prepararsi all’allattamento in gravidanza può significare ad esempio massaggiare il seno con lo stesso olio che si usa per massaggiare e idratare il pancione, con il semplice obiettivo di entrare in contatto con questa parte del corpo per darle importanza e conoscerla, dato che accompagnerà il bimbo e la sua crescita non solo ponderale, ma anche cognitiva per mesi o anni.
Un altro modo per prepararsi all’allattamento già dalla gravidanza è informandosi.
La generazione delle donne che sono o stanno per diventare madri oggi, ha alle spalle una generazione di donne che non ha allattato o l’ha fatto per poco tempo perché divenuta madre in un periodo di boom del latte in formula.
Oggigiorno, complice anche una mutata sensibilità ed un evolversi degli studi, le mamme sono più propense all’allattamento al seno in quanto consapevoli della sua efficacia in termini di salute. Tuttavia non riescono a trovare nelle loro mamme un valido supporto, dato che queste ultime non l’hanno sperimentato in prima persona. Inoltre quando ricevono consigli, questi si basano spesso su un modello di allattamento con latte artificiale risalente agli anni ’70-’80, che le spinge a proporre il seno con: frequenza cadenzata (il famoso “allatta ogni 3 ore”), durata prestabilita della poppata (“15 minuti per seno e non di più”) e molti altri miti ormai sfatati alla luce delle nuove conoscenze.
Ecco quindi l’importanza, durante il corso di preparazione alla nascita, di raccogliere informazioni sia sulla pratica dell’allattamento al seno, sia su come favorire una buona nascita: ovvero rispettosa dei tempi e dei bisogni di mamma e bimbo. Spesso infatti, allattamenti difficoltosi hanno alle spalle dei parti molto medicalizzati o con molte interferenze esterne.
Gravidanza parto e dopoparto non sono momenti scollegati, ma sono uno la diretta conseguenza dell’altro.
Prendersi cura della propria gravidanza muovendosi, dedicando tempo a sè stesse e al proprio bimbo e informandosi, permette di poter fare delle scelte e affrontare nel migliore dei modi l’esperienza del parto. Una buona nascita, che non per forza coincide con una nascita in cui tutto è filato liscio, è un’esperienza in cui la mamma e il papà si sono sentiti protagonisti e hanno potuto fare delle scelte che hanno posto le basi per un buon avvio della vita della nuova famiglia!
Un vecchio proverbio africano dice “Per crescere un bambino ci vuole un villaggio”.
Nei primi mesi di vita un bambino, per crescere, ha bisogno quasi esclusivamente della propria mamma che ha in sé tutte le potenzialità per nutrirlo da un punto di vista fisico attraverso il proprio latte, ma anche da un punto di vista intellettivo, attraverso gli stimoli sensoriali; il contatto costante mamma/bimbo coinvolge tatto, olfatto, udito e vista (non a caso i neonati vedono in maniera nitida fino a circa 20 cm da sé ovvero la distanza che intercorre tra i loro occhi e quelli della mamma durante la poppata).
Quando nasce un bimbo però, nasce anche una mamma e questa “metamorfosi” richiede tempo ed energia. Tempo in cui la mamma si mette in ascolto dei propri bisogni ed impara a capire quelli del proprio bambino. Una mamma a partire dalla gravidanza impara a fare spazio fisico e mentale dentro di sé per accogliere una nuova vita. Questa dimensione si amplifica ulteriormente nel momento in cui il bimbo nasce; istintivamente una mamma mette in secondo piano sé stessa per dedicarsi totalmente al figlio: prendersi cura di una nuova creatura è tanto meraviglioso quanto impegnativo.
Il passaggio da figlia a madre ha bisogno di essere sostenuto: una mamma riesce a prendersi davvero cura del proprio bimbo quando c’è qualcun altro che continua a prendersi cura di lei (il famoso villaggio di cui parla il proverbio).
Di questo villaggio ne è parte il neo papà, che a volte si sente figura marginale ma è invece protagonista tanto quanto la mamma, perché può ritagliarsi dei momenti col bimbo solo ed esclusivamente suoi: come il cambio pannolino, il momento dell’addormentamento o del massaggio, permettendo alla mamma di dedicarsi qualche momento per sé stessa come una doccia rilassante o un pasto consumato in tranquillità.
Questo villaggio può avere il volto della nonna, che aiuta la neomamma concretamente nella gestione della vita quotidiana (proponendosi come aiuto nelle faccende domestiche o nel preparare il pranzo o la cena) ma anche sostenendola nelle scelte: se una mamma sceglie di allattare, avere al suo fianco la propria mamma che la sostiene nei momenti di difficoltà e che gioisce dei momenti di conquista e tenerezza è tra i fattori che maggiormente determinano la buona riuscita dell’allattamento. La precedente generazione femminile è diventata madre nel periodo del boom del latte artificiale, quindi non di rado le attuali nonne non hanno provato sulla propria pelle gioie e difficoltà dell’allattamento al seno; nonostante ciò questa può essere un’occasione per riscattarsi cercando di sostenere la neomamma nella propria scelta.
Villaggio può essere la vicina di casa che si propone di preparare un pasto e prendersi cura di eventuali fratelli maggiori o un’amica che può stare vicina alle neo mamma con atteggiamento di ascolto non giudicante.
Villaggio infine è anche un gruppo di mamme che sta vivendo nello stesso momento la nuova esperienza di maternità. Fare gruppo già dal periodo della gravidanza permette di affrontare insieme dubbi, timori e gioie non sentendosi sole: un gruppo al femminile che vive e condivide il momento di maggiore creatività che una donna può sperimentare, ovvero quello della nascita, è una grande risorsa.
Quando chi sta accanto ad una neo mamma si unisce e fa rete per tutelarla e sostenerla, una donna riesce a crescere il proprio bimbo con maggiore serenità.
Di recente ho letto una riflessione che mi è rimasta impressa perché la ritengo assolutamente veritiera ed attuale: “Non è la maternità che esaurisce, lo è crescere in una società che non sostiene né si prende cura delle donne e dei loro figli; non è la maternità che esaurisce ma stare da sola e dover fare più di quanto nessuno dovrebbe”.
Pagina del servizio di riferimento
Se ti interessa questo argomento potresti trovare utili le pagine dei Percorsi Pre e Post Parto.